Protezione Civile

La nostra Regione è tra le prime d’Italia per i livelli di pericolosità delle numerose tipologie di fenomeni naturali che possono verificarsi, basti pensare a frane e alluvioni, a terremoti ed eruzioni.

Le conseguenze associate al verificarsi di questi eventi vengono valutate in funzione della loro intensità, delle caratteristiche del territorio in cui accadono, ma anche degli effetti indiretti che possono indurre (ad esempio, interruzione di attività economiche). Intuitivamente, infatti, si comprende che si può parlare di rischio  quando in una porzione di territorio in cui c’è la probabilità che si verifichi un evento calamitoso, esistono elementi esposti a tale evento che, quindi, possono subire danni.

La mitigazione dei rischi può consistere nella definizione di interventi che riducano la probabilità di accadimento o l’entità stessa dell’evento calamitoso, oppure nella definizione di interventi che agiscano sulla vulnerabilità degli elementi esposti al rischio (ad  esempio: evacuazione di popolazione in aree a rischio frana al verificarsi di eventi critici, interventi di adeguamento sismico degli edifici e via dicendo).

All’interno di questo panorama si inseriscono i Piani di emergenza comunale che, oltre ad essere un obbligo di legge (la Legge 100/2012 introduce il termine di novanta giorni dalla sua entrata in vigore -entro il 12 ottobre 2012- per l’approvazione con delibera consiliare del piano comunale di protezione civile), rappresentano uno strumento fondamentale per conoscere il territorio, indagare i pericoli esistenti e i rischi diretti ed indiretti, definire i protocolli operativi per salvaguardare la vita umana al verificarsi di condizioni critiche ed in situazioni di emergenza.

La redazione di un Piano di emergenza comunale permette, inoltre, di individuare gli interventi necessari a tutelare il patrimonio storico e culturale, gli edifici e le infrastrutture di interesse strategico (ad esempio: caserme, scuole, ponti e strade), di cui si può prevedere di attuare nel tempo interventi atti a ridurne la vulnerabilità.

Inoltre, occorre considerare che, se da un lato per garantire efficacemente la difesa del territorio bisogna analizzare puntualmente le criticità e programmare interventi atti a ridurne la vulnerabilità (ovvero la predisposizione a subire un danno di una data entità), dall’altro, per la tutela della vita umana bisogna programmare e implementare programmi di informazione e formazione della popolazione, definiti in base ai rischi individuati e ai caratteri della società interessata. Infatti, soprattutto per quegli eventi, come i terremoti, che non danno un intervallo di tempo utile per mettere in sicurezza la popolazione, bisogna far sì che ciascun cittadino possa mettere in essere le azioni base per salvaguardare la propria vita.

La formazione e l’informazione della popolazione, inoltre, consentono di salvaguardare la vita umana perché contribuiscono ad evitare che il panico o la percezione del rischio, sia bassa che elevata, facciano tenere comportamenti che mettono in serio pericolo se stessi od altri.

Questa breve premessa è stata elaborata con la finalità di tracciare sinteticamente gli aspetti fondamentali della problematica connessa ai rischi naturali: pianificare il rischio significa conoscere il territorio puntualmente, aver individuato tutti i fattori di rischio ed aver adeguatamente identificato le modalità operative che, per ciascuna tipologia di evento, consentirà di salvaguardare, in primis, la vita umana.

Per fare ciò la pianificazione del rischio deve essere recepita dagli strumenti urbanistici, deve essere trasferita nelle modalità opportune alla popolazione, deve consentire al soggetto pubblico, quanto al soggetto privato, di poter eventualmente pianificare degli investimenti per ridurre la vulnerabilità del posto in cui vive o in cui lavora.
Ed il “fastidio” di dover fare qualcosa oggi che non serve nell’immediato, ma che ritornerà utile nel momento in cui si verificherà un evento critico, sarà certamente compensato dai risultati a cui la prevenzione porta in termini di tutela della vita umana, ma anche di danni evitati all’economia e al patrimonio storico-culturale di una comunità.

Un piano di Protezione Civile deve essere perciò essere uno strumento da realizzare su misura di un territorio e deve essere tenuto aggiornato, comunicato ai cittadini, per consentire a chi lo gestisce di avere tutte le informazioni necessarie per lavorare bene in prevenzione e in caso di emergenza, e per consentire ai cittadini di contribuire alla loro sicurezza.

Sant’Antonio Abate vanta di un solido gruppo di volontari di Protezione Civile che negli anni si sono formati per
collaborare con l’Amministrazione a raggiungere obiettivi di sicurezza nella città, tuttavia il loro solo contributo non basta.

Era necessario, ed è ancora necessario, aggiornare il Piano di Protezione Civile nel rispetto della normativa vigente, del territorio e della società abatese.

Nel Piano, infatti, devono essere riportati il numero di persone per ciascuna strada, la posizione di persone diversamente abili che in caso di emergenza avranno bisogno di speciali supporti, la posizione dei punti sicuri da raggiungere nei primimomenti di un’emergenza, i luoghi dove poter allestire tendopoli e gli immobili che potranno  ospitare le persone per il tempo necessario al superamento dell’emergenza.

Uno strumento, il Piano di Protezione Civile, tanto importante da non poter stare chiuso in un cassetto, perciò deve essere aggiornato e trasferito su piattaforme informatiche direttamente consultabili  anche online (WebGis). Per imparare a prepararsi a vivere emergenze sarà indispensabile conoscere il Piano di Protezione Civile, ma anche provarlo, pertanto saranno indispensabili campagne di informazione e formazione, esercitazioni. Un percorso, questo, che impegnerà risorse del territorio e servirà a rendere Sant’Antonio Abate una comunità sicura e resiliente.